Polenta condita

polenta condita
Ingredienti

farina di mais
acqua circa 2l.
sale
olio di oliva, 1 cucchiaio
ragù tradizionale
crema di parmigiano

Versare in pentola acqua e sale, portare ad ebollizione, aggiungere l’olio, rigorosamente di oliva, e piano piano la farina di mais gialla, girare con attenzione con un mestolo di legno, tutto prenderà forma e consistenza.
Cuocere per circa 30 min. fino a quando la polenta non abbandona le pareti della pentola in un unico blocco, se piace e senza esagerare, aggiungere una noce di burro.
Versare la polenta in una ciotola, scelta per la forma e non per la capienza, far raffreddare e tagliare a fette.
Per gli intingoli: il ragù, primo per importanza ma anche la crema di parmigiano della nonna…. mi raccomando, la crema di parmigiano deve essere bianca come il latte.
Buona lettura e… buon appetito!

Il nome polenta deriva dal latino puls-pultis, che significa letteralmente “pappa”.
Dai tempi più antichi, dunque, con il termine “polenta” si indicava una pappa tenera, ottenuta dalla cottura di acqua con farina di cereali come miglio, orzo e farro, che veniva consumata con aggiunta di latte, formaggio, uova, miele, olio ecc..
Fu il cibo nazionale dei Romani, prima che si generalizzasse, all’inizio del II sec. a.C., l’uso del pane.

La tradizione vuole che il mais (detto anche granoturco o frumentone) sia stato portato in Europa dopo la scoperta dell’America (1492). Tuttavia, come si evince da antichi testi e come lascia presupporre il termine granoturco, pare che in Friuli tale cereale fosse conosciuto ben da prima, probabilmente grazie ai commerci che dalla Repubblica Veneta si dipartivano verso l’Oriente. I mercanti veneziani che frequentavano la Persia e la Turchia con attività che oggi sarebbe chiamata di import-export scambiavano spezie, essenze, droghe, semi e dunque, nulla di strano.

Nel territorio emiliano la polenta si diffuse ma non così capillarmente, come già ricordato, in Friuli e in Veneto. Nei nostri territori, specialmente in quelli di collina, si usava già la farina di castagne per ottenere questo tipo di piatto assai nutriente. Inoltre, si comprese che la sola polenta ottenuta con farina di mais riempiva sì lo stomaco ed era anche economica, ma conteneva ben poco carico vitaminico e, soprattutto che tale carenza portava poi alla pellagra, una malattia che conduceva a gravi conseguenze. Paradossalmente, pertanto, in Emilia l’uso di consumare polenta gialla sopravvisse grazie alle classi più abbienti, che potevano accompagnarla con carni (specialmente di maiale), ragù, verdure, funghi, pesce ecc..

Scrittori di ogni genere la ricordano. Solo per citarne uno su tutti: Alessandro Manzoni nei Promessi Sposi, racconta di Renzo che si reca a trovare l’amico Tonio per convincerlo a fargli da testimone per il suo matrimonio con Lucia. Tonio sta cucinando la scarsa polenta per sé e per i suoi (sono tempi di carestia) e accetta di andare all’osteria con Renzo sia perché ha fame sia perché ha bisogno di soldi.
Una volta di più, si dimostra che la gastronomia ha profondissimi legami con la geografia, con la cultura, con il modo di vivere.

E, comunque, confessi per primo chi non si è litigato l’ultima fetta di polenta durante una cena tra amici.

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