La fontana del Nettuno e l’isola demolita

Il contratto di appalto per la costruzione della fontana del Nettuno era stato firmato il 2 agosto 1563: il progettista Tommaso Laureti aveva poi dato incarico di esecuzione a Jean de Boulogne, detto Giambologna, per la parte in bronzo e ad Antonio Lupi per la parte in marmo.

I lavori per compiere la fontana durarono circa tre anni: dal 1564 al 1566. Il primo elemento ad essere realizzato fu la parte in marmo (vasche e piedistallo), seguirono poi i bronzi (in tutto ventinove “pezzi”). La statua del Nettuno fu posata sul piedistallo solo nel 1566.

Dove ora sorge la omonima piazza vi era in quel momento un isolato che occupava l’intera area oggi aperta. A lato di tale isolato esistevano due brevi strade: via delle Scodelle e via della Zecca. La prima correva sul lato del Palazzo Comunale e l’altra su quello del Palazzo di Re Enzo. In fondo, davanti al Canton de’ Fiori, si apriva uno spazio sul quale si affacciavano le botteghe degli Scaffieri, ovvero i forni per il pane.

Ben presto ci si rese conto che la fontana sarebbe stata invisibile a coloro che transitavano per il Mercato di Mezzo, l’odierna via Rizzoli, e dunque prese forma l’idea di demolire l’intero isolato. Nel novembre 1564 il Senato bolognese – a grande maggioranza – prese dunque la decisione di abbattere tutti gli edifici che componevano quella cosiddetta “isola”. In tali edifici, oltre ad essere presenti delle abitazioni, sorgevano ben trentadue botteghe. Di conseguenza, si presentò il problema del risarcimento dell’esproprio che i proprietari dovevano subire. A tale scopo fu creato il “Monte Isola”, i cui proventi derivavano dal Dazio di Piazza, ovvero: i denari per i risarcimenti sarebbero stati ricavati dal dazio sulle merci vendute nel mercato di piazza.

Il 3 gennaio 1565 il Senato nominò dunque otto Assunti per seguire l’operazione di esproprio. L’8 gennaio i lavori iniziarono e il 19 gennaio successivo il Governatore Cardinale Grassi diede ordine che anche i proprietari di case e botteghe che affacciavano sullo spazio di Canton de’ Fiori contribuissero – secondo il loro fronte – a pagare i danni subiti da coloro che dovevano abbandonare la cosiddetta “isola”.

Nel frattempo, il cardinale Pierdonato Cesi, già Vicelegato e poi governatore di Bologna, nonchè fautore della creazione della fontana del Nettuno, aveva deciso anche la costruzione di un’altra fontana: quella che ancora oggi si trova lungo la parete del Palazzo Comunale che affaccia su via Ugo Bassi. Non si poteva infatti permettere che le verdure del mercato di piazza fossero lavate dentro una vera e propria opera d’arte. Pertanto, per quell’uso e per fornire ai cittadini acqua di sorgente fu appunto realizzata la Fontana Vecchia, detta anche dei Pollaroli, dall’antico nome di quel tratto della strada.

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