Aviatore

Aviatore, 1931-32. Palazzo Fava

Aviatore, 1931-32. Palazzo Fava (Credits: Paolo Righi – Meridiana Immagini)

Tra le grandi terrecotte refrattarie di Arturo Martini, questa è una delle più difficili non solo dal punto di vista esecutivo ma anche dal lato dell’apprezzamento, sia del pubblico che della critica d’arte.
Esposta per la prima volta nella primavera del 1932 alla XVIII Biennale di Venezia, al centro della sala individuale, la scultura ha avuto letture e apprezzamenti contrapposti, essendo evidentemente agli antipodi rispetto alle opere celebrative del regime fascista, che stava utilizzando ampiamente, in funzione del consenso, le conquiste dell’aviazione civile italiana.

Il tema, ostico per la scultura e invece frequentatissimo (ma con scarsi esiti) dalla aeropittura futurista, è un unicum nella statuaria italiana e forse anche europea dell’epoca; i monumenti, pur riusciti come quello dedicato a Francesco Baracca, a Lugo, realizzato da Domenico Rambelli, si tenevano infatti ben lontani dall’affrontare la scultura sospesa nel vuoto e puntavano, invece, sul fascino dell’eroe in tuta, dell’ala maestosa dell’aereo, della figura mitologica di Pegaso e così via.

L’Aviatore di Martini, per il quale ha posato un famoso calciatore dell’epoca, Valerio Bacigalupo, è invece una figura maschile ignuda che sfida con le proprie energie la forza di gravità, mettendo in dubbio la stabilità stessa della Scultura, sovvertendone i criteri di base e riducendo a un solo punto, invisibile, il contatto con la terra.

In questo caso il nudo, così importante nell’arte celebrativa di tutte le dittature moderne e nel debole revival neoclassico novecentesco, acquista tutta la sua importanza e la sua opportuna rivalutazione; e l’ideazione martiniana si presenta, in tutta la sua originalità, come un estremo omaggio alla tradizione proprio nel momento in cui dalla tradizione si allontana.

Nico Stringa
curatore della mostra “Arturo Martini. Creature, il sogno della terracotta” a Palazzo Fava, Bologna

La mostra a Palazzo Fava propone per la prima volta assieme le grandi terrecotte ad esemplare unico realizzate direttamente dall’artista tra il 1928 e il 1932.

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