1718-2018: trecento anni dalla morte di Giuseppe Maria Mitelli

Oggi, domenica 4 febbraio 2018, ricorrono i trecento anni dalla morte di Giuseppe Maria Mitelli, incisore e pittore bolognese nato nel 1634. Colui che fu definito dal grande erudito Carlo Cesare Malvasia come “uno dei più virtuosi e universali soggetti che vanti la nostra Patria”.

Figlio di Agostino (1609-1660), a sua volta architetto, scenografo e pittore quadraturista, Giuseppe Maria fu allievo di Francesco Albani, del Guercino di Simone Cantarini e di Flaminio Torri. Tuttavia, non fu la pittura il genere con cui ebbe i suoi maggiori successi ma, piuttosto, l’incisione.
Con questa tecnica superò le rappresentazioni auliche, storiche e religiose privilegiando i soggetti e le vicende popolari.

La sua produzione (oltre seicento “pezzi”) è infatti incentrata sugli umori e sulle tensioni del suo tempo rappresentati con incredibile immediatezza. Teatro delle sue stampe sono prevalentemente le strade, i portici, le piazze della città di Bologna e non le fittizie scenografie fino ad allora in uso.
La città diventò con lui lo spazio stesso della rappresentazione, quasi ad anticipare le tecniche della ripresa fotografica che sarebbe emersa due secoli dopo.
Tra le sue opere più conosciute vi sono: “Le Arti per via”; “Le Ventiquattr’hore dell’humana felicità”; “L’Alfabeto in sogno”; i “Proverbi figurati” e “Il giuoco di carte con nuova forma di Tarocchini”.

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